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martedì 19 febbraio 2013

LA CUCUZZA AMERICANA


LA CUCUZZA AMERICANA

Ogni volta che vedo una zucca enorme e gialla mi ricorda l'amico Maciste che, una tarda mattina calda di inizio estate, a metà degli anni sessanta del secolo corso, in discesa e a forte velocità, in curva si spezzavano i lacci dei freni della bicicletta e sbandò. Maciste all'età di appena tredici anni fece un volo di più di dieci metri e atterrò sopra un grosso mucchio di letame e batté la testa contro una zucca grossa e gialla e vi rimase svenuto e con la testa infilata.
L'acqua del canalone scorreva e rendeva l'aria fresca e profumata di tutti quegli ortaggi in fiore. Sciami d'insetti e api ed il frinire dei grilli accompagnavano u zi' Patataro dentro alla frescura del suo orto intento a raccogliere i fagiolini, quando all'improvviso sentì il tonfo, si guardò intorno e non vide nessuno, si mise quasi paura per quel rumore sinistro.


Poco distante sulla strada asfaltata si sentiva il raglio di un asino, e il cadenzato battere degli zoccoli ferrati della bestia da soma, si avvicinava. Fra la siepe dei rovi aveva intravisto l'asina di marru Cenzo con il proprietario a cavallo. Quella mattina Cenzo dalla stanchezza sonnecchiava in groppa all'asina perché, come u zi' Patataro, anche lui, si era alzato presto per andare ad innaffiare l'orto al Vallone delle Patate.
" aih! oiooohoih! ma... mmama mia! accidenti a quella puttana del diavolone... Mamma mia bella! Aiuto! Sono morto! Aiutatemi! " e tante altre imprecazioni andava gridando marru Cenzo quando cadde dall'asina perché aveva battuto il capo con un oggetto pendente. L'oggetto pendente era la bicicletta dello sfortunato Maciste, che rotti i freni, la bicicletta frenava la corsa contro un mucchio di ghiaia e si ribaltò, il ciclista fece un volo oltre il muretto e s'infilava dentro il mucchio di letame sottostante, mentre la bicicletta sollevandosi, rimase appesa ai rami del pruno selvatico a bordo della strada.
Zi' Patataro, attirato da quelle grida, comparve sulla strada per vedere chi fosse quel poveretto che si lamentava e chiedeva aiuto. L'ignaro zi' Patataro, nel correre in soccorso, inciampò in un cumulo molle di letame e cadde, slogandosi il polso sinistro. Tutto dolorante u zi' Patataro usciva dal cancello dell'orto e si trovava sulla strada dove marru Cenzo si era appena alzato tutto dolorante ma per sua fortuna con niente di rotto, mentre la ciuca con la cavezza a terra, bella pacifica mangiava alcuni cardoncelli teneri e della gramigna che crescevano sul ciglio della strada.
" ...cosa è successo? Perché queste grida e imprecazioni? Ti hanno...forse arrubato... " chiedeva zi' Patataro mentre si teneva il polso tutto dolorante e gonfio e si rendeva conto che cadendo se lo era slogato.
" Grido perché ho battuto la testa contro questa bicicletta maledetta. E maledizione a chi ha lasciato la bicicletta appesa a questo ramo... mi è caduta addosso... di peso e mi ha fatto perdere l'equilibrio e sono caduto dall'asina. Ho battuto ma non mi sono fatto molto male. Solo ammaccature. " Disse Cenzo " È tu cosa hai che ti lamenti? Cosa hai fatto al polso? È gonfio. Non sarà mica rotto? " chiedeva Marru Cenzo a zi' Patataro.
" Ho sentito le tue grida e mi sono precipitato in soccorso ma ho inciampato contro un mucchio di letame e sono caduto e mi sono slogato il polso. Hoi! hoiohi che dolore! Che male! Maledizione! " andava lamentandosi zi' Patataro.
" Mi fai vedere? " chiese Marru Cenzo che di mestiere faceva il barbiere ma si dava da fare anche a sistemare alla meno peggio facili fratture, slogature ed era bravo a preparare impacchi di erbe per lenire dolori e cavava persino radici di denti marci. Al paese, alla venuta del medico condotto, marru Cenzo aveva ricevuto ordine scritto dalle autorità che lo diffidavano da tutte quelle manipolazioni e attività che non avevano a che fare con il suo mestiere di barbiere per uomo. Il barbiere poteva solo praticare qualche massaggio facciale e preparare unguenti odoranti e lenitivi, affini con barba e capelli, come acqua colonia profumate e sapone per schiuma da barba.
" È solo slogato il polso " disse Cenzo nel tastare bene il polso a zi' Patataro e diceva: " per fortuna non è rotto ma sento e tocco che si sono spostati gli ossi del polso, ma niente rottura. Se il lavoretto si fa subito te lo posso rimettere a posto, altrimenti se aspetti, poi vedrai ti toccherà andare in ospedale. Ormai con le nuove disposizione mediche io non potrei più manipolarti. "
" Marru Cenzo cosa mi dici? Manipola e mettimi a posto questo polso, altrimenti mi sono giocato la mietitura e rimango cionco, storpio e sciancato. Tutti dicono che hai le mani sante. Ricordi? Hai persino messo a posto la zampa a Rosa, l'asina che ho venduto alla fiera il mese scorso. Hai sanato tante persone e ora non mi faccio mettere a posto questo polso? Ma non pensarci nemmeno. Opera con giudizio al meglio che puoi e stiamo zitti. Manipola e fai presto perché il dolore si sta facendo più intenso. " andava ripetendo il Patataro.
" Aprì la bocca che ti metto un fazzoletto dentro perché nel rimediare sentirai dolore e a stringere i denti potresti farti male o spezzarli. " Zi' Patataro apriva la bocca e subito Marru Cenzo si levava il fazzoletto attorno al collo lo infilava a forza tutto in bocca al povero Patataro e poi con una presa sicura ed esperta gli rimetteva a posto gli ossi del polso che si erano appena spostati, subito dopo Cenzo prendeva dei stecchi di legno, levava il fazzoletto dalla bocca di zi' Patataro e lo legava avvolgendolo attorno al polso medicato. Poi prendeva il caratello di vino che aveva nella bisaccia e ne versava il contenuto fino a riempire una lattina e lo porgeva a zi' Patataro per sciacquarsi la bocca e riprendersi dal dolore.
" Rosá! Ne avrai per una ventina di giorni. Passa dal salone ca ti dugno " U grasso da vipera". Un mio preparato miracoloso contro le slogature. Non sforzare la mano, fai degli impacchi di camomilla, mangia cinque limoni spremuti al mattino per due settimane e vedrai che poi il tempo risana tutto. Vedo che il movimento delle dita lo hai ripreso. " Disse marru Cenzo nel versare il vino dal caratello in una ciotola di latta." Credo e sono sicuro che tu abbia fatto un bel lavoro. La mano la sento già meglio e posso muovere tutte le dita. " diceva Patataro nel guardarsi i movimento delle dita in tutti i modi e girava a rigirava il polso, mentre un lamento umano proveniva dalla concimaia dentro l'orto. Appena i due videro qualcosa di grosso che si muoveva da sotto quel monte di letame si misero paura, quando sentirono delle grida ovattate:
" Mamma! Mamma, dove sei? Mamma ho paura! Mamma mia aiutami! La serpe mi vo ingoiare... "Zi' Patataro e Cenzo si guardarono spaventati e con lo sguardo perso, ebbero momenti di terrore quando videro un corpo melmoso che si alzava da sotto il concio e con una enorme zucca gialla al posto della testa. Il corpo camminava alla cieca e avanzava barcollando nella loro direzione. Subito marru Cenzo che s'intendeva anche di esorcismi e malocchi, con voce calma e decisa, a braccio teso in avanti, alzato con il bicchiere di latta colmo di vino in mano, come se si trovasse davanti al demonio in persona disse: " In nome di nostro Signore Gesù Cristo chi sei? Se sei un demone vai via di qua! Lascia questo corpo! Mostrati prima che io possa intervenire con il sangue del Nostro Signore e con l'acqua Santa e benedetta! " Perentorio diceva marru Cenzo stringendo con forza deformando quel bicchiere di latta e il vino gli colava lungo il braccio finendo per tutto il corpo e sgocciolava da sotto i pantaloni, mentre andava segnandosi la croce più volte e zi' Patataro spaventato si pisciava sotto.
" ...mamma mia! ...mamma mia bella... Dove sono? Vedo buio! Ho perso la vista! Voglio acqua! Fatemi bere! Mamma voglio acqua zucchero e miele! Mamma voglio la bicicletta! Mamma a serpe mi ha rubato la bicicletta. Ladra di una serpe... voglio la bicicletta! La serpe mi ha fatto cadere dalla bicicletta! " Queste grida provenivano da dentro quella zucca, mentre Rosario pare avesse intuito e riconosciuto quella voce e disse quasi incerto:
" Pezzo di mmerda... ma... tu sei... Maciste? Il figlio di.. Ercole Mazziatore? Sì... Ti ho riconosciuto sei Maciste!"
" non so chi sono non mi ricordo. Non vedo u nome mio! Vedo tutto nero e nuvoloso. È notte! Vedo il cielo... tutto buio e nero... senza stelle. Mamma hannu arrubato le stelle! Latri di merda arrobbano la bicicletta e pure i stelle!" rispondeva quella zucca che stava sopra il corpo tutto sporco di letame marcio, puzzolente e tante mosche che gli volavano attorno. Marru Cenzo ripresosi dallo spavento si avvicinava a quel corpo e si rendeva conto che la testa era incastrata dentro l'enorme zucca gialla. Si fece coraggio poi con le mani finiva di rompere quella cucurbita e appariva il viso, e liberava il capo da quella prigione melmosa di filamenti e polpa di zucca gialla con tanti semi che cadevano a terra.
" Maciste! Ma tu cosa fai qua? Cosa ti è successo? Come sei finito qua... in questo mucchio di letame? Ma vedi un po' che cazzo di guaio mi hai combinato. Figlio di buona mamma, ma chi ti manda a giro? Cosa facevi nel mio orto? Eri venuto a rubare i cetrioli? Vero! Ma io mi domando... ma... che cazzo ti è venuto in mente di metterti con la tua testa di cazzo dentro la mia cucuzza ammericana e sementina? Chi è stato che ti ha conciato così? "Zi' Patataro con il braccio dolorante inveiva contro quel poveretto che divagava e diceva frase sconnesse ma piano, piano andava rinsavendosi quando marru Cenzo gli puliva il viso e gli occhi, poi lo faceva parlare, gli faceva riprendere conoscenza e gli diceva: " Maciste... su... dimmi come ti chiami. "
" Maciste "
" a chi sei figlio? "
" Alla mamma "
" chi è tuo padre? "
" chi è mio patre? Aspetta ca ci penso un po'... Se non mi sbaglio u chiamano come ha ditto illu! "
" Illu chi? "
" Zi' Patataro l'urtulanu"
" si ma come si chiama tuo padre? "
" Mio patre si chiama papà ed è patre a mia soru Sara. "
" Ma tu che cazzo vu da mi patre? Pizzu i merda tu m' arrubato a bicicletta. Chissà bicicletta è mia. La riconosco è mia. Perché mi hai rotto la bicicletta? " andava rispondendo quel povero Maciste mentre piano, piano riprendeva un leggero comprendonio e si toccava la testa e guardava i filamenti limacciosi della zucca e faceva mille espressioni e sembrava ora svenire e ora riprendersi mentre Cenzo e Patataro lo guardavano piuttosto increduli e si chiedevano che cosa gli fosse successo. Quando all'improvviso Maciste cadde in un pianto lamentoso e diceva: " Mamma mia aiutami! Mi hanno spaccato la testa ed ho le cervella di fuori! Voglio la testa a posto! Voglio che mi mettete a posto il cervello. Pezzi di mmerda tutti quanti, mm'aviti rutta a capu e cu ri cirvella mia ci faciti a frittata. Pezzi di merda mettimi la testa a posto come era e mettimi dentro i cirvella se non lo fai lo dico alla mamma e papà ti rompa u culu! "
" Si ora statti buono! La capu te l'ho messa a posto e pure le cervella. Toccati e vedi che la testa è come la mia e non è rotta! " dicevano marru Cenzo e zi' Patataro, mentre Maciste andava piano, piano calmandosi ma infine quando si guardava tutti quei filamenti di zucca gialli nelle mani incredulo disse:
" La testa è a posto non è rutta. Però ho i cervella di fora. Vedi qua. Questo sono i pezzi dei cervella e questi fili sono le parole che da dentro la testa escono dalla bocca. Guarda! Guarda! ...
" Ma che cazzo dici. Questi non sono parole o discursi... come dici tu ma... sono sfilacci i cocuzza, zucca. Rispondi e dicci se ci conosci e chi siamo noi due? Chi siamo? avanti! dicci come ci chiamiamo! sennò ti rimettiamo la zucca in testa come era prima"
" vi canusciu! Tu sei Marru Cenzo u Barberu e illu e zi' Patataro. Io songo Maciste Mazziatore figlio a ra mamma. È chista 'ccane edi la bicicletta mia. Ma perché è rutta? Manubrio stortu e catina che pende di fora il rocchetto? "
Maciste dava segni di conoscenza e ripresa mentale e Patataro gli porgeva un secondo bicchiere di vino che subito dopo ebbe dei conati di vomito e non fece altro che svuotare tutto quello che aveva dentro lo stomaco. Usciva solo e solo vino indigesto. Dopo che Maciste ebbe vomitato si rese conto che si era anche cacato addosso e con senso di coscienza si denudò e andava a lavarsi dentro il canalone dove scorreva l'acqua che innaffiava i solchi dell'orto di zi' Patataro. Marru Cenzo e zi' Patataro dalla paura sporcati anche loro si guardarono l'un l'altro si denudavano e andavano a lavarsi nel canalone
Quei paesani non portava le mutande. Dopo il bagno tutti e tre si strizzavano i pantaloni e si rivestivano. Maciste legava la camicia umida al manubrio della bicicletta che aveva raddrizzato e rimesso a posto la catena.
" 'ca mi fossa nesciuto il cervello di fora non me ne frega... Meno male che alla bicicletta i freni si possono aggiustare. Della mia capo non me ne frega più un cazzo perché marru Cenzo l'ha messa a posto. Io ho raddrizzato il manubrio. Ho rimesso la catena. Compare Girardi aggiusta i freni. È tutto a posto. " diceva Maciste quasi risollevato.
" Be! Raccontaci cosa ti è successo. Vedi di ricordare tutto, per filo e per segno, altrimenti ti seppelliamo dentro il letame da dove sei uscito. " gli dissero Patataro e Cenzo, facendogli una certa pressione.
" Allora ora mi pare di ricordare e vi racconto che prima di essere qua ero al paese a Verzino. Avevo sete e ho chiesto a compare Totò se mi faceva bere un po' di vino. Illo mi ha sfidato e detto: vediamo se tu riesci a bere questo fiasco di vino tutto di un fiato, senza respirare e naso tappato. Se non ci riesci mi paghi il vino. "
" Compare Totò tu la scommessa la perdi. Io il vino me lo suco come un uovo. Dammi qua! Gli ho detto " e subito mi sono attaccato u fiasco alle labbra e compare Totò mi teneva chiuse le narici ma come na pompa mi sono sucato u fiasco e poi me ne sono andato in giro e sono andato da Marru Girardi e mi sono piato la prima bicicletta che era davanti alla sua putiga. Subito mi sono messo a pedalare e Girardi mi ha gridato:
" portami subito la bicicletta qua! " è io gli ho detto:" mi fazzo nù giro e ta portu subito." Ho preso la discesa del Timparello e poi all'improvviso a questa curva una serpa mi ha tagliato la strada. Ho frenato con tutta la forza e ho spezzato i freni. Sono sbandato e poi mi ricordo che... mi ricordo cheee... Sì ero diventato un gallo che volava... volava.. e poi... e poi si ruzzolava dentro a mmerda... non ricordo... non ricordo più niente. No aspetta... ricordo che avevo il cervello di fuori e la testa sana, le parole che mi niscianu da vucca e me li trovavo nelle mani. Poi la mia testa di gallo si faceva grande... poi ho vomitato tutto il sangue che aveva bevuto quando ero un gallo e ora sto meglio. Ma la bicicletta che fine aveva fatto non lo so... Me lo dovete spiegare voi che avete messo la mia capo dentro la cucuzza."
" Ma che cazzo dici? Dentro la cucuzza ammericana ci sei finito da solo. Anzi ringrazia il signore che sei caduto sulla concimaia e hai battuto la testa alla zucca e ti sei fermato! Se non t'avessa frenato a cucuzzona... tu a chist'ura eri finito in fondo al dirupo dentro il burrone... Anzi mi addovessi appagare la cucuzza ammericana che mi hai rotto. Quella la crescevo per la semenza. Poi quando sei sbandato, la bicicletta s'è arrigulata ed è rimasta appesa a questo ramo di pruno. Io che stavo mezzo addormentato a cavallo supra a ciuccia, non l'ho vista e ci ho battuto la faccia in pieno contro la ruota e la bicicletta mi è caduta addosso e mi ha fatto cadere dall'asina. Caduto a terra mi sono messo a chiedere aiuto. Patataro che era nell'arto, mi ha sentito, si è precipitato per soccorrere ma... è... inciampato contro il tuo corpo che si era infilato dentro il pagliaio del letame e Patataro è caduto e si è storpiato il polso. Ora vedi un po' tu quanti cazzi di guai hai commesso! Per colpa tua ci abbiamo rimesso anche noi che non abbiamo nessuna colpa." Disse Marru Cenzo e zi' Patataro continuava:
" Porco diavolone! l'avvenisse un accidente a chi ti ha fatto bere quel vino! accidenti a chi ti ha dato la bicicletta e accidenti a chi ti ha tagliato la strada e accidenti a me che non me ne sono arrimasto a letto a dormire... questa mattina. Ora mi ritrovo con questo polso steccato e rotto. Mi sai dire tu chi mi miete il favino? Chi mi miete il grano? chi mi raccoglie il fieno? perché io non posso lavorare! Tutta la colpa è tua. Tu quanto è vero Dio mi dovrai ripagare di tutto questo danno e mi devi rimettere a posto la cucuzza ammericana che mi hai sfasciato con la tua zucca piena di merda di vacca. Guarda come e dove trovare le cuccuzze per pagare tutto questo danno." disse zi' Patataro tutto stizzito e rabbioso.
" Ecco! a serpa! A serpa che mi ha tagliato la strada! " gridava Maciste mentre cercava un palo e andava a rincorrere la serpe che nel solco dei peperoni si stava inghiottendo una talpa cieca, che si rivelava il male per quelle gallerie che la talpa scavava nell'orto di zi' Patataro e ora Maciste la voleva ammazzare ma subito zi' Patataro lo afferrava per un braccio e disse:
" Fermo lì dove sei. Lascia stare quel povero santo animale. Quello è santo Asclepio. Quella serpe è la guardiana del mio orto. Santo Asclepio è il padrone dell'orto ed è l'anima dei nostri antenati che ci stanno ascoltando. Andiamo via perché si è fatto tardi. " Disse zi' Patataro mentre chiudeva il cancello dell'orto. Marru Cenzo afferrava la cavezza dell'asina e a piedi si avviavano verso il paese.
Maciste montava sulla bicicletta senza freni e pedalava serpeggiando la salita e piangeva intonando una canto lamentoso e funebre al solo pensiero che avrebbe dovuto pagare la cucuzza americana sementina e tutti quei danni.

Firenze 10/01/13

Luigi Vecchio

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